Viviamo un tempo in cui l’energia non è più solo una questione di bolletta. Non si tratta solo di installare un impianto fotovoltaico per tagliare i costi, ma di ripensare il nostro ruolo nel mondo. La cultura energetica che si sta facendo strada oggi è figlia di un risveglio collettivo, di una voglia di contare, di partecipare, di non essere più semplici consumatori passivi ma attori protagonisti nella grande partita dell’energia.
Il modello classico, quello dei colossi che producono e vendono energia puntando esclusivamente al profitto, spesso sfruttando risorse, territori e perfino conflitti, mostra oggi tutte le sue crepe. Non è solo una questione etica – anche se già questo basterebbe – ma di sostenibilità sistemica. I cittadini, sempre più informati e consapevoli, stanno perdendo la pazienza: sono stanchi di sentirsi schiacciati tra rincari, guerre geopolitiche e false promesse verdi.
E allora nasce qualcosa di nuovo. Una scintilla. Una comunità.
Le CER – Comunità Energetiche Rinnovabili – sono la risposta concreta a questo bisogno profondo: quello di contare. Di poter dire: “Anche io sono parte del cambiamento. Anche io produco energia, la condivido, la gestisco. Anche io ci metto la faccia.”
Non si tratta solo di installare pannelli sul tetto, ma di riappropriarsi di un potere che per troppo tempo è stato centralizzato. Di rompere un paradigma dove pochi guadagnano tanto, e tanti pagano senza sapere neanche dove vada a finire la propria energia.
Questa nuova cultura energetica ha un cuore, ha un’etica. E sì, ha anche una vena ribelle.
Perché andare verso la condivisione dell’energia è, in fondo, un atto politico. È dire no a un sistema chiuso, spesso opaco, che lucra sulla dipendenza. È dire sì a un futuro dove il sole non è proprietà di nessuno, ma fonte comune per costruire benessere vero, equo, accessibile.
Certo, le lobby non stanno a guardare. L’energia fa gola. Fa fatturato. Ma il vento sta cambiando. E non si può fermare un’onda quando la marea si alza da dentro le coscienze delle persone.
Ecco perché oggi non basta più “mi faccio l’impianto per risparmiare”.
Oggi vogliamo farlo per lasciare un segno. Per guardare i nostri figli e dire: “C’ero anch’io. Ho scelto un’altra strada.”
Una strada fatta di condivisione, di rispetto per il pianeta e per gli altri. Una strada che passa per le nostre case, ma punta dritta al futuro.
E quel futuro – che ci piaccia o no – è rinnovabile, comunitario, e finalmente, nostro.